ASANA….OPUS ALCHEMICUM TRANSFORMATIONIS
La generica definizione di “ posizione “ , che traduce la parola sanscrita “ asana “ , invero non rende bene l’idea del contenuto reale di tale termine , non relegabile ad un ambito puramente fisiologico ; infatti nell’ambito dello Yoga , tale termine indica un’azione corporea “rituale” e “sacra” (karma ) tendente a produrre una incarnazione del divino , che trova espressione nel corpo dello Yoghi e che permette a quest’ultimo la sua re-integrazione nella originaria “ forma celeste” (Swarupa) .
Le asana sono dunque “ forme cosmiche” sacre , frutto dell’unione sponsale delle energie maschile (Shiva ) e femminile (Shakti) .
Ma come sono giunte a noi tali asana ? La tradizione orientale vuole che esse siano state memorizzate da un pesce ( Matsys ) , che spuntato dall’acqua ha visto danzare sulla spiaggia Shiva e Parvati , quindi reimmersosi nella profondità ( inconscio ) , le abbia riportate ai saggi (Rishi) , che poi le hanno trasferite ai posteri prima attraverso la tradizione orale (shruti) , da bocca ad orecchio , poi attraverso la tradizione scritta (Smriti) .
Ciò che differenzia una semplice posizione ginnica da una asana vera e propria è che mentre nel primo caso non si verifica alcuna trasformazione interiore , nel secondo invece lo Yoghi raggiunge un livello di consapevolezza ed energia , che producono in lui una diversa percezione della realtà che lo circonda ; insomma non percepisce più il mondo esterno come separato ed “ altro da se “ , ma come un “campo morfogenetico unificato” , in cui la precedente molteplicità lascia il posto ad una esperienza estesa di unità (Samadhi).
Una posizione , anche se perfettamente eseguita , non da luogo ad alcuna esperienza interiore di trasformazione , alla stregua di una cerimonia meccanica celebrata senza partecipazione emotiva , affettiva , sentimentale e quindi senza alcuna conseguenza catartica e purificatrice dei partecipanti ; a differenza di un rito , emotivamente partecipato , che lascia nei partecipanti una percezione viva e catartica della divinità . essendo il rito una ri-attualizazione dello psicodramma divino originario , la sua presenza qui e ora tra i fedeli .
L’asana dunque si presenta come vera “ azione “ umana , quindi sacra in quanto tale , proprio perché “ rituale “ , tutte le azioni che si pongono fuori da questo contesto , sono da ritenersi azioni profane , quindi “ opere morte “ , se non illuminate in un constesto sacro , esattamente come una asana eseguita e considerata soltanto in un contesto di benessere fisico e semplicemente corporeo , non supportato da una intenzione interiore di sacralità .
La santa messa è il rito per eccellenza nell’ambito cristiano , rito che illumina , o almeno dovrebbe , la settimana del fedele che ogni Domenica risorge , come l’araba fenice , dalle ceneri delle sue opere morte e rese sacre in lui dalla presenza eucaristica del Cristo .
“ SE NON C’E’ TRASFORMAZIONE INTERIORE , NON C’E’
VERA RELIGIONE , NON C’E’ YOGA “
Yogacharya Eknathananda
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