Il Signore della corte di Tillai esegue una
danza mistica: che cos‘ è, mio caro?
Tiruvasagam, XII, 14
Fra i nomi principali di Shiva vi è quello di Nàtaràja, « Il Signore dei danzatori» o «Re degli
attori».
Il Cosmo è il Suo teatro. Il Suo repertorio comprende molti passi, situazioni e manifestazioni, differenti della Creazione. Egli è, nello stesso tempo, attore e pubblico, Creatore, conservatore e (distruttore) o trasfromatore:
Quando l’Attore suona il tamburo,
tutti vengono a vedere lo spettacolo;
quando l’Attore raccoglie gli oggetti di scena,
rimane da solo nella Sua felicità.
Non saprei dire quante diverse danze di Shiva siano note ai Suoi devoti. Senza dubbio, l’idea di fondo espressa da tutte queste danze è più o meno la stessa: la manifestazione dell’energia ritmica primordiale.
Shiva è l’Eròs Pròtogonos di Luciano quando scriveva: «Sembrerebbe che la danza sia nata al principio di ogni cosa e venuta alla luce con l’antico Eròs; infatti vediamo questa danza primordiale manifestarsi chiaramente nella danza corale delle costellazioni, negli astri, nei pianeti e nelle stelle fisse, nel loro intrecciarsi e avvicendarsi nell’armonia ordinata dell'Universo».
Non intendo dire che il significato più profondo della danza di Shiva fosse presente alle menti di coloro che per primi danzarono, con un’energia ebbra e forse sotto l’effetto di droghe, in onore del dio delle montagne preariano successivamente diventato Shiva.
Nella religione o nell’arte un grande motivo e qualunque grande simbolo diventano tutto per tutti gli uomini, ai quali offrono, nel corso delle epoche, i tesori che essi trovano nei propri cuori. Quali che fossero le origini della danza di Shiva, questa diventò con il passare del tempo la più nitida immagine dell’attività di Dio di cui una qualsiasi forma artistica o religiosa abbiano mai potuto vantarsi.
Fra le varie danze di Shiva, per quanto riguarda il nostro studio, ne tratteremo solamente tre, anche se una sola di queste costituisce il principale oggetto della nostra più utile interpretazione.
La prima è una danza serale nella regione dell’Himàlaya, accompagnata da un coro divino, che viene così descritta nello Shiva Pradosa Stotra:
«Ponendo la Madre dei Tre Mondi (la sua sposa Pàrvatì) sopra un aureo trono, intarsiato di gemme preziose, Shùlapàni (altro nome di Shiva) danza sulle alture del Kailàsa (la sua sacra Montagna) e tutti gli dèi Lo circondano:
Sarasvati suona la vina, Indra il flauto, Brahma tiene in mano i cembali che scandiscono il tempo, Laksmi intona un canto, Visnu suona il tamburo e tutti gli dèi stanno intorno: i Gandharva, gli Yaksa, i Pataga, gli Uraga, gli Shudda, i Sàdhya, i Vidyàdhara, gli Amara. le Apsaras e tutti gli esseri che dimorano nei tre mondi si riuniscono là per assistere alla danza celeste e per ascoltare la musica del coro divino all’ora del tramonto».
A questa danza serale fa riferimento anche l’invocazione che precede il Kathà Sarit Sàgara. Nelle rappresentazioni pittoriche di questa danza Shiva ha due mani e la compartecipazione degli dèi è chiaramente indicata dal loro assetto corale.
La seconda celebre danza di Shiva viene chiamata Tàndava che è, in origine, quella di una divinità preariana appartenente all’aspetto tamasico della divinità, quello di Bhairava o Virabhadra. Essa viene esguita da Shiva rappresentato con dieci braccia che danza selvaggiamente insieme a Devi, la dea Parvatì, seguito da schiere di asura (spiriti inquieti) saltellanti. Tale danza è la danza cosmica della creazione, dell’esistenza e della distruzione, o trasformazione di ogni cosa, per rimanifestarsi in seguito, in altra e dimensioni, continuando questa danza della Creazione.
Rappresentazioni di questa danza sono frequenti nelle sculture antiche, come quelle di Ellora, Elephanta e, inoltre, di Bhuvaneshvara che è, in origine, quella di una divinità preariana.
In terzo luogo, abbiamo la danza Nadanta di Nàtaràja davanti all’assemblea (sabhà) nella sala dorata di Cidambara, o Tillai, il Centro dell’Universo, rivelato per la prima volta agli dèi e ai rsi (saggi) dopo la capitolazione di questi ultimi nella foresta di Taragam, come riferisce Koyil Puranam.
La leggenda può essere riassunta come segue:
Nella foresta di Taragam abitavano schiere di rsi eretici (saggi ribelli seguaci della Mìmàmsà, una corrente filosofica). Là, per confutarli, Shiva, come Signore dell'Universo si recò per confermare il Suo primato, accompagnato da Visnu, travestito da bella donna, e da Ati-Sesan, (la divinità dell’energia primordiale).
In un primo momento i rishi furono indotti a una violenta disputa l’uno con l’altro, ma ben presto la loro collera si diresse contro Shiva, che essi cercarono di annientare con i loro potenti incantesimi.
Nei fuochi sacrificali crearono una tigre feroce che sì slanciò contro di Lui; ma, sorridendo con gentilezza, Egli la catturò e, con l’unghia del Suo dito mignolo, 1e tolse la pelle e la indossò come un vestito di seta.
Non scoraggiati dall’insuccesso, i rishi rinnovarono le loro offerte sacrificali alle forze del male sui loro fuochi sacri e produssero un serpente mostruoso che Shiva, tuttavia, catturò e Si avvolse intorno al collo come una ghirlanda. A quel punto Shiva cominciò a danzare: ma qui, da ultimo, lo assalì un mostro nella forma di un nano malvagio, Muyalaka.
Il Dio lo schiacciò con la punta del piede e gli spezzò la schiena, cosicché egli si dimenava al suolo; in tal modo, umiliato il Suo ultimo nemico, Shiva riprese a danzare davanti a dèi e rishi. Allora Ati-Sesan rese onore a Shiva e, prima di ogni altra cosa, chiese in dono di poter contemplare ancora una volta questa danza mistica; Shiva promise di farlo assistere nuovamente alla danza nella sacra Tillai, il Centro dell’Universo.
Questa danza di Shiva a Cidambara o Tillai costituisce il soggetto delle bellissime immagini, incisioni di rame e bellissime sculture di bronzo dell'India meridionale raffiguranti Shri Nàtaràja, il Signore della Danza Cosmica. Queste immagini differiscono fra loro in dettagli di poco conto, ma esprimono tutte una concezione fondamentale. Prima di procedere però ad esaminare in cosa esse consistano in tutta la loro ricca gamma di simboli, sarà necessario descrivere la figura di Shri Nàtaràja nella sua rappresentazione caratteristica.
Le immagini o sculture, dunque, raffigurano Shiva danzante, con quattro mani e con la chioma intrecciata e ingioiellata, le cui ciocche inferiori si agitano nella danza. Fra i Suoi capelli sono visibili un cobra attorcigliato (quello precedente, che rappresenta, appunto, l’energia cosmica domata), un teschio( simbolo del Signore che vince la Morte) e la figura della sirena Ganga, (il fiume Gange di cui Shiva frenò la furiosa discesa sulla terra dalle valli paradisiache, per dare la vita sulla terra assetata); sopra la Sua testa si trova la luna crescente, simbolo dei poteri della mente che il Dio conferisce ai suoi devoti, e i capelli del Dio sono incoronati con un serto di foglie di cassia, (la pianta ornamentale per incoronare la testa dei Grandi).
All’orecchio destro Shiva porta un orecchino da uomo, all’orecchio sinistro uno da donna; Egli è adorno di collane e bracciali, di una cintura ingioiellata, di cavigliere, di catenine da polso, di anelli alle mani e ai piedi. La parte principale del Suo abbigliamento consiste nei calzoni ornati aderenti, ed Egli indossa anche una sciarpa ondeggiante e un cordone sacro. Una delle mani destre tiene un tamburo, simbolo della vibrazione cosmica creatrice che scandisce il tempo ed emana le vibrazioni energetiche; l’altra è alzata per mostrare assenza di paura; una delle mani sinistre porta il fuoco sacro della purificazione, l’altra indica in basso il nano deforme, Muyalaka, il demone dell’ignoranza; vi è poi un altro cobra; quindi il piede sinistro è sollevato e sta a significare la ricerca dell’elevazione spirituale nell’esisistenza.
Alla base del tutto vi è un piedistallo a forma di loto sul quale poggia un’aureola circolare, orlata di fuoco (tiruvasi = l'Universo) che lo incorona, internamente scossa dalla danza e dalle braccia e mani vorticanti del Dio che agitano il tamburo e reggono il fuoco della vita. Tali immagini o sculture sono di tutte le dimensioni; raramente, se non proprio mai, esse superano in totale i quattro piedi di altezza.
Anche se non potessimo affidarci ai riferimenti letterari, l’interpretazione di questa danza non riuscirebbe difficile. Per fortuna siamo comunque assistiti da una copiosa letteratura contemporanea che ci mette in grado di spiegare completamente non soltanto il significato generale della danza ma, nella stessa misura, i dettagli del suo concreto simbolismo.
Alcune peculiarità delle immagini di Nàtaràja appartengono, ovviamente, alla concezione di Shiva in generale: le Sue ciocche intrecciate come quelle di uno yogin; la ghirlanda di cassia; il teschio di Brahma; la figura del Gange che cadendo dal cielo frenò la sua furia fra i capelli di Shiva; i cobra, simbolo dell’energia universale domata; i diversi orecchini, simbolo dell’aspetto androgino del dio che contiene in se il principio maschile e femminile della creazione, tutti aspetti che alludono alla natura duale di Mahàdeva, «la cui metà è Umà, (altro nome della Dea madre)»; le quattro braccia, che rappresentano il Suo dominio sui quattro punti cardinali del mondo.
Anche il tamburo è generalmente un attributo di Shiva che pertiene al Suo carattere di yogin, (Signore del tempo) sebbene nella danza assuma, da come abbiamo visto, ulteriori significati cosmici.
Qual è, allora, il senso della danza Nadanta di Shiva secondo gli shivaiti?
Nelle linee fondamentali, esso si ricava da testi come questo; «Il nostro Signore è il Danzatore che, come il calore latente nella legna da ardere, diffonde il Suo potere nella mente e nella materia e le fa danzare a turno nell'evoluzione della Creazione».
La danza, di fatto, rappresenta 1e Sue cinque attività (Pancakrtyà):
Srsti - dominio, creazione, evoluzione;
Sthiti - conservazione, sostegno;
Sambhàra - distruzione, evoluzione; T
irobhàva - occultamento, incorporamento, illusione e, inoltre, acquietamento;
Anugraha - liberazione, salvezza, grazia.
Queste, considerate separatamente, sono le attività delle deità Brahma, Visnu, Rudra, Maheshvara e Sadàshiva.
Questa attività cosmica è il motivo centrale della danza. Con altre citazioni potremo llustrare e spiegare il ricco simbolismo con maggiori dettagli.
La sacra scrittura, Unmai Vilakkam, v. 36, infatti, ci dice:
«La creazione nasce dal tamburo, dalla sua vibrazione;
la protezione deriva dalla mano della speranza;
dal fuoco che tiene nell’altra mano ha origine la purificazione e la distruzione, per favorire una nuova manifestazione evolutiva;
il piede sollevato concede la liberazione al sincero ricercatore».
Si osserverà che la quarta mano indica questo piede sollevato, simboleggiando in tal modo il rifugio dello spirito.
Nel seguente passo di tale sacra scrittura, poi, leggiamo:
«O mio Signore, la Tua mano che regge il tamburo sacro ha creato e ordinato con le vibrazioni cosmiche i cieli, la terra, gli altri mondi e le innumerevoli anime
La Tua mano levata protegge sia le Tue creature coscienti sia quelle incoscienti.
Tutti questi mondi sono trasformati dalla Tua mano che tiene il sacro fuoco.
Il Tuo sacro piede, piantato al suolo, offre un riparo alle anime affaticate che si dibattono negli affanni della causalità mentre
il Tuo piede sollevato assicura l’eterna beatitudine a coloro che Ti raggiungono
Queste Cinque Azioni sono, in verità, la Tua Opera» (Cidambara Mummani Kovai).
I seguenti versi dal Tirnkuttu Dariana - «Visione della Danza sacra”, che costituiscono il nono tantra del Tirxmantram di Tirumalar, ampliano ulteriormente il motivo centrale:
La Sua forma è ovunque: pervade ogni cosa
con la Sua Shiva-Shakti;
Cidambara è in tutti i luoghi, in tutti i luoghi è la Sua danza;
poiché Shiva è tutto ed è onnipresente,
dappertutto si manifesta la danza di Shiva clemente.
Le Sue danze di cinque specie sono temporali e senza tempo.
Le Sue danze dì cinque specie sono le Sue Cinque Attività
Con la Sua Grazia Egli compie i cinque atti,
questa è la sacra danza di Umà—Sahaya.
Egli danza con (la Terra, l' Acqua, il Fuoco, il Vento e l‘Etere:
cosi il nostro Signore danza sempre nella corte.
Visibile a coloro che superano la màya e la mahàmàyà,
- l’illusione e la superillusione –
Il nostro Signore danza la Sua eterna danza,
La forma della Shakti (l'Energia cosmica) è tutta gioia;
questa gioia unificata è il corpo di Umà:
questa forma di Shakti che nasce nel tempo
e unisce gli opposti è la danza.
Il Suo corpo è Akash, (lo spazio cosmico) la nube scura all’interno è Muyalaka, (l’ignoranza)
gli otto angoli del mondo sono le Sue otto braccia,
le tre fonti luminose sono i Suoi tre occhi, (i tre mondi);
diventando questo, Egli danza nel nostro corpo come la totalità.
Questa è la Sua danza divina. Il suo significato più radicale si coglie quando si comprende che essa ha luogo nel cuore e nel Sé individuale. Dio è dappertutto; quel «dappertutto» è anche e soprattutto il cuore umano. E così in un altro passo troviamo anche:
Il piede danzante, il tintinnio dei campanelli,
i canti che vengono eseguiti e i differenti passi,
la forma assunta dal nostro Gunupara Danzante:
impara a conoscere tutto questa dentro te stesso,
e le tue catene scompariranno.
A questo fine, tutto, fuorché il pensiero rivolto a Dio, dev’essere espulso dal cuore, in cui Egli solo dimora e danza.
Nell’ Unmai Vilakkam leggiamo ancora:
«Gli asceti silenziosi, distruggendo il triplice legame, si insediano laddove i loro sé individuali vengono annullati nella meditazione. Quindi essi contemplano il sacro e si riempiono di beatitudine. Questa è la danza del Signore dell’assemblea, “la cui vera forma è la Grazia”».
Con questo riferimento agli «asceti silenziosi» confrontiamo le belle parole di Tirumular, un grande saggio del passato:
«Quando riposano là, essi [gli yogìn che raggiungono lo stadio di pace più elevato] dimenticano se stessi e diventano inattivi, (contemplativi, in estasi…);
Il luogo in cui abitano gli inattivi è lo Spazio puro nel mentale liberato.
Il luogo in cui gli inattivi si svagano è la Luce di Dio.
Ciò che gli inattivi conoscono è il Vedànta.
Ciò che gli inattivi trovano in quel luogo è la profonda pace e la fusione con l’Assoluto>.
Shiva è un distruttore delle negatività e ama i luoghi solitari dove la meditazione è più efficace.
Ma che cosa distrugge?
Non soltanto i cieli e la terra alla fine di un ciclo cosmico del mondo, ma le catene che avvincono ogni anima individuale.
Dove si trova, e che cos’è il campo solitario? Non è il luogo in cui i nostri esseri si annullano, ma i cuori di chi Lo ama, lasciati abbandonati e desolati. Il luogo in cui l’ego è distrutto indica la condizione nella quale l’illusione e le azioni umane vengono bruciate: è quello il rogo, il campo crematorio, in cui danza Shri Nàtarja; perciò Egli è chiamato Sudalaiyadi, «danzatore del campo crematorio».
In questa similitudine riconosciamo il collegamento storico fra la danza leggiadra di Siva in quanto Nàtaràja e la Sua danza selvaggia in quanto distruttore degli aspetti negativi che bruciano nel nostro cuore..
Questa concezione della danza è diffusa anche fra gli Shakta, (i cultori della Shakti, l’Energia divina) specialmente nel Bengala, dove viene adorato l’aspetto materno, anziché quello paterno, di Shiva. Qui Kàlì, (la dea Madre) è la danzatrice, e per consentirne l’ingresso il cuore dev’essere purificato con il fuoco, svuotato con la rinuncia.
Tornando al Sud, vediamo che lo scopo della danza di Shiva viene spiegato in altri testi Tamil: «Per assicurare alle infinite anime tutti i frutti di entrambi i generi, il nostro Signore, con cinque azioni, esegue la Sua danza> (Shivajnàna Siddhiyar, Supaksa, Sùtra V).
I due generi d frutti sono Iham, la ricompensa in questo mondo, e Purana, la beatitudine in Mukti, (la liberazione in vita dei saggi illuminati attraverso l’intensa pratica dello yoga e della meditazione).
Ancora l’Unmai Vilakkam, V 32, 37, 3 ci insegna che «la Suprema lntelligenza danza nell’anima individuale per cancellare i nostri peccati:
con questi mezzi il nostro Padre dissolve le tenebre dell’illusione (Màyà);
brucia la rete della causalità (karma);
schiaccia il male (mala, ànava, avidyà),
fa piovere la Grazia e immerge amorevolmente l’anima nell’oceano della Beatitudine (ànanda).
Coloro che contemplano questa danza mistica non vedono mai rinascite”.
La concezione del divenire come svago e divertimento (lìlà) del Signore è importante anche nelle Scritture Shivaite. Cosi, Tirumular scrive:
«La danza eterna è il Suo gioco».
Questa spontaneità della danza di Shiva viene espressa nel Poema dell’Estasi di Skrjabin con chiarezza tale che i seguenti estratti serviranno a spiegarla meglio di qualsiasi altra esposizione formale; quello che il grande e ispirato poeta illuminato, Skrjabin scrisse è precisamente ciò che venne rappresentato dall’artista figurativo indù in maniera straordinaria nella rappresentazione di Nàtaràja, lo Shiva danzante nelle famose immagini e bronzi.
(…Leggete ora con profonda meditazione questa meravigliosa lirica uscita dalla mente di un estatico poeta indiano antico che descrive il Creatore che in prima persona contempla e gode della Sua stupenda Creazione!):
Lo spirito (purusa) che gioca,
lo spirito che desidera,
lo spirito che crea ogni cosa con la fantasia (yoga-màyà),
si abbandona alla beatitudine (ànanda) dell’amore
(…)
Tra i fiori della Sua creazione (prakrti), Egli si ferma a baciare
Accecato dalla loro bellezza, Egli corre, saltella, danza, -volteggia
(…)
Egli è tutto estasi, tutto beatitudine, in questo gioco (lìIà)
libero e divino, in questa lotta d’amore,
nella meravigliosa grandezza della pura assenza di fini
e nell’unione delle tendenze contrastanti (dvandva).
Solo nella consapevolezza, solo nell’amore,
lo Spirito apprende la natura (svabhàva) del Suo essere divino
(…)
«O mio mondo, o mia vita, o mia fioritura, o mia estasi!
In ogni vostro istante io creo
negando tutte le forme prima esistite:
io sono l’eterna negazione (neti, neti).
Godendosì questa danza, soffocando in questo vortice,
nel dominio dell’estasi, Egli si alza rapido in volo.
In questo incessante mutamento (samsàra, nitya bhàva),
in questo volo,
senza scopo (niskàma), divino,
lo Spirito Si comprende,
nel potere della volontà, solo (kevala), libero (mukta);
sempre creando, irraggiando tutto, vivificando tutto,
giocando divinamente nella molteplicità delle forme (prapanca),
Egli Si comprende
«Abito già in te, o mio mondo!
Tu mi hai sognato: ero io che venivo all’esistenza
(…)
E tu sei tutto: un’onda di libertà e beatitudine»
L’universo (samsàra) viene abbracciato da una conflagrazione
generale (mahàpralaya),
lo Spirito è al culmine dell’essere e avverte il fluire ininterrotto
del potere divino (Sàkti) della volontà libera.
Egli è tutto coraggio:
ciò che prima era minaccioso, ora è eccitazione,
ciò che prima era terrificante, ora è gioia
(…)
E l’universo risuona dell’urlo di gioia che Io sono.
Sembra che questo aspetto immanente di Siva abbia fatto nascere l’obiezione secondo cui Egli danza come coloro che cercano di compiacere gli occhi dei mortali: ma si ribatte che, di fatto, Egli danza per mantenere la vita del cosmo e per concedere la liberazione a chi Lo cerca. Addirittura, se poi interpretiamo correttamente le danze dei danzatori umani, vedremo che anch’esse conducono alla liberazione.
Tuttavia è più vicino alla verità rispondere che la causa della Sua danza universale risiede nella Sua natura cosmica, che tutti i Suoi gesti sono innati (svabhàva-jah), spontanei e senza finalità egoiche, poiché il Suo essere si trova oltre l’ambito dei fini.
In un senso molto più arbitrario la danza di Shiva viene identificata con il Pancaksara, cioè con le cinque sillabe della preghiera Shi-va-ya-na-ma, che significano: « Onoriamo il Signore dell'Universo, o, Salute a Shiva, il Dio benevolo; ma anche: Oh Signore misericordioso donaci ogni bene!».
Sempre nell’ Unmai Vilakkam ci viene detto:
«Se si medita su queste belle cinque lettere, l’anima raggiungerà la terra in cui non esistono le tenebre, e la Shakti, l'Energia divina) la renderà una cosa sola con Shiva».
Un altro verso dell’Unmai Vilakkam spiega l’arco ardente (tiruvasi); il Pancaksara e la danza vengono identificati con la sillaba mistica Om mentre l’arco è l’uncino (kombu) dell’ideogramma di questo simbolo: L’arco, il cerchio, o l'Universo stesso intorno a Shri Nàtaraja è l’Omkàra, la sacra vibrazione cosmica Om; e l’aksara, il fulgore, che non è mai separato dall’Omkàra, è lo splendore in essa contenuto.
Questa è la Danza del Signore di Cidambara, il Signore dei cuori puri».
Tuttavia l’arco, o il cerchio infuocato che lo circonda è spiegabile in modo più naturale come rappresentazione della danza della Natura, la Prakrti in contrasto con la danza della sapienza di Shiva: «Da una parte si svolge la danza della natura, dall’altra la danza dell’illuminazione.
Fissa la tua mente al centro di quest’ultima» (Tìru—Arul—Payan, cap. IX, 3).
Nella parte seguente vi sono ulteriori e bellissimi commenti sul simbolsmo di questa straordinaria rappresentazione artistica del Nàtaràja, il signore della Danza della Vita e dell'Universo…Leggete e rileggete il tutto…soprattutto la lirica. E’ fantastica, grandiosa…Commovente!
La danza di Shiva
A Nallasvami Pillai, un grande mistico e studioso delle belle Arti indiane antiche; e ad Ananda K. Coomaraswamy, altro eminente studioso contemporaneo delle Belle Arti indiane ed internazionali, dobbiamo i commenti di questo mirabile e complesso simbolismo sulla Danza di Shiva: la prima danza è l’azione della materia, l’energia materiale e individuale. Essa è l’arco, il cerchio infuocato dentro il quale Shiva danza; è il tiruvasi, l’Omkàra (l'OM) che rappresenta anche la danza della Natura, la danza della dea Kàli, Durga, Uma, Pàrvatì, Laksmi, i vari nomi o aspetti della dea Madre dell'Universo!
L’altra è la danza di Siva: l’aksara, la Luce inseparabile dall’Omkàra - chiamata ardhamàtra, cioè la quarta lettera del Pranava -, Caturtha e Turya, (cioè quello stato in cui attraverso la meditazione si raggiunge l' Illuminazione!.)
La prima danza non si può eseguire a meno che non sia Shiva stesso a volerlo e a danzare.
La conclusione generale a cui arriva questa interpretazione dell’arco è, allora, che esso rappresenta la materia, la natura, Prakrti; lo splendore contenutovi, Siva che danza al suo interno e tocca l’arco con la testa, le mani e i piedi, è lo Spirito (purusa) universale onnipresente e onnipervadente.
Fra l’arco e Siva si trova lo spirito individuale poiché ya sta fra Shi-va e na-ma. (Infatti, quando si canta: Om nama shivaya, inspirando e Shivaya nama Om, espirando - vedi che ya, lo spirito individuale, cioè noi ...dona a noi...ya quindi sta tra Shiva e nama - In sintesi la frase: Shivaya nama Om significa: Oh Signore misecordioso donaci la Grazia divina e concedici ogni bene!
Ora, riassumendo l’intera interpretazione, vediamo che i significati essenziali della danza di Siva sono tre:
il primo, è che esso è l’immagine del Suo gioco ritmìco, origine di ogni movimento ne1 cosmo, rappresentato dall’arco, dall'Universo intorno a Lui;
il secondo, è che lo scopo della Sua danza consiste nel liberare gli spiriti degli uomini dall’insidia dell’illusione;
il terzo, è che il luogo in cui avviene la danza Cidambara, il Centro dell’universo, si trova proprio dentro il nostro cuore!
Finora ho evitato ogni valutazione estetica e ho soltanto cercato di trasporre l’idea centrale nella concezione della danza di Siva dall’espressione plastica a quella verbale, senza riferimento alla bellezza o all’imperfezione delle opere individuali. Ma non può essere fuori luogo richiamare la vostra attenzione sulla grandezza di questa stessa concezione in quanto sintesi di Scienza, Religione e Arte.
Se osservate, infatti, la meraviglia di questa statua, di questa effige simbolica, nella sua complessità e sintesi, ne risulta realmente qualcosa di grandioso!!!
Quanto è sorprendente la portata del pensiero e della sensibilità di quei rshi-artisti (rshi = saggi) che concepirono per primi un archetipo come questo offrendo un’immagine della realtà, una chiave per la complessa trama della Vita e della Creazione universale; una teoria della natura che non si adatta solamente ad un singolo gruppo ristretto di individui o una razza, né può essere accolta soltanto dai pensatori di un solo secolo ma esercita universalmente il suo fascino sul filosofo, sul musicista, sull’amante e sull’artista di ogni epoca e Paese!
Quanto grande nel potere e nella grazia questa immagine danzante doveva apparire a tutti coloro che si sono sforzati di esprimere la propria intuizione della vita in forme plastiche!
In questa epoca di specializzazioni non siamo abituati a una simile sintesi di pensiero; ma per coloro che «videro» immagini come questa, la vita e il pensiero non poterono essere separati in compartimenti stagni. Non sempre, quando giudichiamo i meriti delle opere individuali, comprendiamo la piena estensione del potere creativo che, per mutuare l’analogia dalla musica, riuscì a scoprire una maniera così efficace nell’esprimere i ritmi essenziali e così profondamente significativa e verosimile alla meraviglia del Creato e dell'Universo intero!.
Ogni parte di un’immagine come questa rappresenta in modo immediato non una semplice superstizione o un dogma, ma fatti palesi. Nessun artista odierno, per quanto grande, potrebbe creare più fedelmente o più sapientemente un’immagine di quella Energia che la Scienza postula di necessità in tutti i fenomeni.
Se intendiamo riconciliare il Tempo con l’Eternità, sarà difficile riuscirci senza concepire alternanze di fasi che si estendono oltre vaste distese spaziali e grandi tratti di tempo. Particolarmente significativi, allora, sono l’alternanza di fase scandita dal tamburo che crea e il fuoco che «trasforma» ma non distrugge: questi non sono che simboli della dottrina del giorno e della notte di Brahmà, (...altro nome del Creatore)
Nella notte di Brahmà la Natura è inerte e non può danzare finché non lo vuole Shiva. Egli si desta dalla Sua estasi meditativa e, danzando, invia attraverso la materia inerte onde pulsanti di un suono che provoca il risveglio; anche la materia inferiore danza, quindi, apparendo come un’aureola intorno a Lui.
Danzando, Egli sostiene i Suoi molteplici fenomeni della manifestazione dell'Universo e sulla Terra. Nella pienezza del tempo, ancora danzando, Egli distrugge tutte le forme e i nomi con il fuoco e concede nuovo riposo. Questa è poesia, ma è anche Scienza!
Non è strano che la figura di Nàtaràja abbia ispirato l’adorazione di tante generazioni passate. E ancora oggi, avvezzi a ogni genere di scetticismo, esperti nel ricondurre tutte le fedi a superstizioni primitive ed esploratori dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, siamo affascinati devoti di Nàtaràja, devoti del Dio Unico, il Signore dell'Universo che danza la vita di noi tutti sin dalle origini, e all'!nfinito!
Qui si conclude questa lunga dissertazione sulla danza di Shiva Nàtaràja...Credo sia il caso di approfondire bene il tutto e di meditare a lungo sui contenuti...
Meditazione raccomandata!!!
...Om nama Shivaya (inspirando) - Shivaya nama Om! (espirando)
Provate a praticare questa meditazione, al sole rosso al tramonto, tra cielo e mare o se siete in montagna, tra terra e cielo!
Prima ad occhi aperti, fissando il sole; e poi ad occhi chiusi...almeno per un quarto d'ora!
Vi risetterà la mente e l'animo elevando la vostra energia interiore!
OM SHANTI