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venerdì 25 novembre 2011

KUNDALINI YOGA

molteplici direzioni, in Te che sei la dimora di tutto, che sei presente in tutto ciò che è mobile e immobile, in Te o Benefico io trovo rifugio".

Kundalini e dintorni





Pare che un maestro realizzato possa concedere un Samadhi a chiunque egli voglia, per dargli un assaggio di beatitudine. Di fatto però è raro che lo faccia, perché corpo e psiche del ricevente devono essere perfettamente armonizzati. Se il sistema nervoso di un individuo  non è pronto, un travaso di energia cosmica produrrebbe un'estasi, un orgasmo talmente forte da poterlo quasi incenerire sia metaforicamente (malattia psichica o vera e propria follia) sia letteralmente (morte per "scarica elettrica"). Cosa rende armonizzato un corpo e una mente? Anni e anni di meditazione, di mantra, di rosari, japa, di yoga o di qualunque altra disciplina spirituale.


Se non ci si è consumato il sedere in pratiche meditative o se non si è nati puri, l'armonia rimane un concetto musicale e basta. Ma nemmeno quello è sufficiente, perché se è il mio ego che vuol meditare, magari per acquisire qualche potere o conoscenza sfruttabili economicamente oppure per prestigio o per fama, il consumo del sedere servirà a poco. Ciò che conta è una cosa soltanto: una sincera, ardente tensione verso il divino, un fuoco mistico costante. Quella volta che Yogananda chiese al maestro Ram Gopal Muzundar un assaggio di Samadhi gli venne risposto più o meno la stessa cosa, cioè che il suo sistema nervoso non era pronto a ricevere una potente scarica di Energia. Ma la conferma dei rischi cui si va incontro per la prematura circolazione di energia nei canali nervosi (per gli yogi indiani nelle nadi, canali del corpo sottile) ci viene data dalla "bruciante" esperienza di Gopy Krishna, il quale stava per rimetterci la pelle. Molti santi occidentali (Santa Teresa d'Avila, San Giovanni della Croce, Santa Caterina, ecc.), raccontando le loro quasi insostenibili estasi hanno usato termini erotici: si parla di baci, di abbracci, di unioni sottili con lo Sposo o la Sposa, tutte cose che nei loro racconti appaiono come dei veri e propri orgasmi. Noi crediamo che un assaggio di tali grandiose estasi ogni serio ricercatore ha avuto la fortuna di provarlo. Quando si "gioca" col respiro seriamente, quando si prega "con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le proprie forze", quando si canta un mantra fino al silenzio mentale, quando si agisce con Amore assoluto, corpo e mente vengono armonizzati, i canali sottili vengono purificati dal Prana che comincia a circolare in essi, ed il serio ricercatore è pronto per almeno un assaggio di Beatitudine grazie alla circolazione della Divina Energia, la quale può produrre le cose più strane: arresto del respiro grossolano "sostituito" dallo stesso flusso di energia, strani movimenti del corpo, inspiegabili "rumori interiori", o suoni, visioni, musiche, e chi più ne ha più ne metta. A quel punto, l'assaggiatore capirà meglio il linguaggio dei mistici e dei santi orientali e occidentali.


Il rischio è che queste cose vengano "ficcate a forza" nel cervello dello pseudo ricercatore, quello dalla volontà debole, a cui al massimo potrà capitare di autoipnotizzarsi e viverle nella sua fantasia… La volontà  forte è appannaggio di quel ricercatore la cui coscienza individuale è talmente ansiosa di riunirsi alla Universale Coscienza di cui è parte , che nella sua vita non vede altro scopo che quello. La sua mente è concentrata su quell'unico obbiettivo e questo la rende super.
"Aiutati che Dio t'aiuta" suona l'antico adagio. Ebbene, ad una simile coscienza "individuale" vengono offerti mille aiuti dal Cielo. Il guaio è un altro: quando il ricercatore si imbatte in un tale movimento di energia farebbe bene a documentarsi con la tanto valida letteratura sul Kundalini Yoga e sui Tantra, perché il rischio è quello di perdere anni preziosi per ricercare la stessa esperienza che si è impressa nella mente in maniera così forte da avere quasi drogato il  fortunato "malcapitato"! La meditazione deve continuare, andare avanti, perché la meta è l'unione,  Yoga. Lo stesso dicasi per i cosiddetti poteri (siddhi): la meta non è quella: "non ti  curar di lor…".



Ma cos'è che risveglia Kundalini? Solo il potere generato dalle pratiche spirituali ridesta Kundalini ci informa il maestro Sivananda (Kundalini Yoga - ediz. Vidyananda). Più o meno le stesse cose ci dice Lilian Silburn nelle prime pagine del suo "La Kundalini o l'energia del profondo - ed. Adelphi,  altrettanto fanno, Gopy Krishna nei suoi libri sulla Kundalini, e Muktananda nel suo "il Giuoco della Coscienza" - Med.. Fra i tanti autori di tale particolare Yoga, questi maestri parlano per esperienza personale. Ma forse tanti altri saggi hanno raggiunto la meta senza mai averne parlato, in omaggio all'antico adagio orientale che recita "chi non sa nascondere la propria saggezza è uno sciocco".
Il talento che ci è stato affidato alla nascita (vedi bellissima parabola dei talenti del Maestro Gesù) è quella Goccia di Oceano, quella Coscienza individuale, quella moneta di Cosmica Energia che deve avere un unico scopo: centuplicarsi, cioè perdersi nel mare dell'Universale Coscienza, nella assoluta Energia-Luce-Cristo-Verbo creatore di tutto.

L'alchimia è una sorta di Kundalini Yoga il cui linguaggio è misterioso e altamente simbolico. Spesso la sua simbologia fa riferimento a pratiche simili allo "Yoga del sesso" orientale, ma come diceva quel grande maestro di saggezza che era Nisargadatta Maharaj non si può spegnere il fuoco (dei sensi delle passioni e dei desideri) con la benzina. Sì, esiste anche quel tipo di pratica, ma noi condividiamo il pensiero di Maharaj: la sua saggezza traspare dal suo linguaggio che, dopo l'illuminazione, non è certo più quello di un analfabeta tabaccaio indiano. Dal momento del suo risveglio è sbocciato come un fiore e le "api" sono accorse a Bombay da tutto il mondo, la sua creatività è nata grazie ad un risveglio della Divina Energia.
Per concludere ripetiamo: quello che occorre è una fermissima intenzione, un fuoco costante, un Sé che ha deciso di illuminarsi nel nostro corpo-mente dopo aver visto il gran da fare del sé-figliol prodigo.


Una piccola parentesi
Partendo proprio dal figliol prodigo possiamo tentare di spiegare i "meccanismi" attraverso cui una persona assolutamente normale, un bel giorno diviene un ricercatore, un mistico, un filosofo di quelli che stanchi dei pensieri comuni, salendo sul tetto della mente, chiedono ad essa di farsi antenna, di rimanere nella più assoluta attenta passivita' per riuscire a captare intuizioni, verità relative che possano costituire il primo varco di un sentiero che dal fitto della foresta di questa vita possa condurre, tappa dopo tappa, verso la Verità. E' il momento dell'incontro della prima Grazia scesa e del primo merito salito. Come se un dito pigiasse un tasto di pianoforte ed una nota ne venisse fuori presso che contemporaneamente. Oppure è come un seme che, dopo tanto tempo che stava lì nel terreno aggrappato alla propria "inutile" individualità di seme, decidesse di sposare la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco  solare. O ancora, per dirla musicalmente, è come il momento della modulazione: l'armonia oziava in Do maggiore fra scale ascendenti e discendenti, pause e accenti, ed ecco che improvvisamente irrompe un Re settima: si apre una porta, ed  è Sol Maggiore, un'altra tonalità. Ecco, il mistico è un ex uomo comune, davanti a cui si è improvvisamente aperta una porta che decide di entrare per vedere dove conduce. Il misticismo, all'inizio, è una novità: il mondo e la vita si trascinavano con la solita prevedibilità e monotonia, e di colpo appare l'imprevisto. A prima vista potrebbe sembrare una fuga da se stessi, un tuffarsi nel mare della novità per rinnovarsi nella propria speciale individualità, ma così non é. Se il fortunato decide di attraversare quella porta, un vento miracoloso  gli spalancherà i cancelli dell'interiorità, e dopo il primo timido  dubbio sulla reale consistenza del proprio ego, di quel senso dell'io che ognuno ha, dopo la prima vaga certezza della illusorietà di esso, si farà prendere dalla smania febbrile di conoscere la natura della propria vera essenza. Si chiederà allora: "ma io, chi sono veramente? Sono questo corpo, questa mente, questo corpo-mente o c'è dell'altro?". E la "caccia" comincia. Ma cosa stranissima, cacciatore e preda sono la stessa cosa! E' un paradosso, ma è la verità. Come faccio a sapere che è la verità? Dal fatto che fior di Maestri, fondatori di religioni e non, parlando della loro esperienza hanno detto che è così. Come faccio a sapere che non hanno mentito? I bugiardi alla lunga vengono sbugiardati e le bugie hanno le gambe corte.  I racconti di tutti questi maestri sono come le fotografie che un esploratore ha portato da terre sconosciute, come i sentieri che un esperto alpinista ha aperto in alta montagna, ma soprattutto: le loro tecniche sono verificabili, i loro sentieri sono ripercorribili: provare per credere.



Da che mondo è mondo ci sono sempre stati maestri per ogni disciplina. All'inizio i filosofi erano anche scienziati. Aristotele, per esempio, sezionava il corpo di animali morti per conoscerne l'anatomia. Ci sono stati maestri di matematica, di fisica, di medicina, astronomia, botanica, ecc. Ma ci sono anche stati maestri di spiritualità, e come è stato giusto creare facoltà scientifiche, mi sembra altrettanto giusto che siano nate facoltà teosofiche, intendendo per esse non solo vere e proprie facoltà, ma anche luoghi in cui una persona autorizzata dalla sua saggezza potesse insegnare la scienza dello spirito. Ma rientriamo in argomento.

Con il suo ormai classico "Il potere del serpente" Sir John Woodroffre, pubblicato con lo pseudonimo Arthur Avalon, ha divulgato in occidente i segreti dello Yoga Kundalini. Il libro, ricco di citazioni e riferimenti bibliografici, è stato regolarmente "saccheggiato" e imitato da tanti manuali su Kundalini e Chakra che vediamo in bella mostra nelle nostre librerie.  Per fortuna, fra di essi, ve ne sono alcuni scritti da autentici Maestri di Yoga  o da loro discepoli. Noi consideriamo il testo  di Avalon molto serio ed onesto. Non ci ha voluto vendere niente, suo scopo è stato solo quello di arricchire l'occidente con uno Yoga che godeva di scarsissima divulgazione scritta. L'argomento è affrontato con molto rigore.
Forse è utile ricordare un brano dell'introduzione, quello in cui, citando un passo del secondo capitolo del Gandharva Tantra, Woodroffe ci ricorda quali devono essere le qualificazioni per poter accedere al tantrismo: "l'aspirante deve essere intelligente, deve aver controllo sui propri sensi, astenersi dal recare offesa a qualsiasi essere vivente, mantenersi puro, credere nei Veda, aver fede nel Brahman che è l'unico rifugio ed essere un non-dualista". Questo passo, se letto con intelligenza, ci fa capire come per accostarsi alla disciplina di cui trattasi, occorre aver già fatto parecchia strada.




Questo vuol dire una cosa sola (che mai ci stancheremo di ripetere: prima di cominciare esercizi mirati al risveglio dell'Energia è opportuno procedere alla purificazione del corpo e della mente, perché quell'energia potenzia tutto quello che trova al suo passaggio, quando non crea guai seri a causa di un blocco nelle nadi. Il sistema nervoso di chi si accinge al risveglio della Dormiente deve essere a prova di bomba, e la salute fisica non deve essere da meno. L'aspirante intelligente è colui che capendo tutto questo non si butta a capo fitto sugli esercizi direttamente, ma procede con molta prudenza: i Chakra inferiori sono  gli inferi e non è prudente avventurarsi in essi sconsideratamente. Questo lo sanno benissimo psichiatri e psicologi, i quali tutti, nel corso delle loro analisi, procedono con estrema cautela. Solo quando si è padroni di sé ci si può affrontare.

Non arrecare offesa a nessuno vuol dire avere un perfetto controllo mentale e soprattutto aver coltivato l'Amore privo di attaccamento. Ma questo può nascere solo in colui che riesce ad intuire che un Unico Identico Spirito dimora in tutte le cose, che Una ed Una Sola Vita anima tutti gli esseri. Ed a quel punto l'unica, vera motivazione dell'aspirante dovrebbe essere: realizzare di "Essere Quello" e di fare del suo meraviglioso e preziosissimo corpo il "Suo Tempio". Detto questo è chiaro che il lavoro consisterà esclusivamente nella pulizia del corpo e nel mantenimento della sua salute e nella pulizia della mente con lo smascheramento dell'ego. Se la spinta è questa, fare Kundalini Yoga è opportuno, se no è meglio fare palestra o corsa campestre. Ogni Maestro di Yoga dovrebbe sempre all'inizio, prima di cominciare, chiedere all'aspirante: "Perché vuoi seguire questa disciplina? Per stare bene in salute? Per vincere l'emotività? Per acquisire poteri?  Per… per la liberazione?" - e se non viene scelta l'ultima risposta dovrebbe rifiutare di accoglierlo.

Ma avviciniamoci piano piano alla materia da trattare. Le scuole di Yoga non hanno lo scopo di rafforzare l'ego, la persona, la maschera, sono licei di ricerca interiore. L'università sarà appannaggio di quei pochi che avranno davvero realizzato il Sé: ogni loro sguardo, ogni loro parola, ogni loro azione sarà giusta e sacra. Ed allora i loro discorsi verranno scritti e diventeranno testi universitari. Le università di questo genere non sono create dal basso (della gente si riunisce e decide di fondarle), ma dall'alto: là dove esplode la santità , ne nasce una.




Di solito il principiante apre un testo di Yoga e corre subito al capitolo della pratica e assumendo una qualunque posizione comincia a fare esercizi di Pranayama. Ma il percorso indicato dallo Yoga non prevede il fai da te, a meno che uno non sia nato mistico come Ramana o RamaKrisna e "sappia" quello che fa. Lo Yoga prevede delle tappe che vanno assolutamente rispettate. Esse sono otto:

1 Proibizioni o astinenze: Yama
2 Discipline o osservanze: Niyama
3 Posture o posizioni: Asana
4 Controllo ritmico del respiro: Pranayama
5 Interiorizzazione dell'attenzione: Pratyhara
6 Concentrazione:Dharana
7 Meditazione: Dhyana
8 Contemplazione o supercoscienza: Samadhi.

Questo è Raja Yoga, la "via regale" insegnata da Patanjali. Chi vuole svegliare Kundalini non dovrebbe prescindere da esso, se no fa il passo più lungo della gamba. Scopo finale di tutti i tipi di Yoga è l'illuminazione, la realizzazione del Sé, l'unione di Shiva e Shakti.
Shiva, che era possessore della Potenza, e Shakti, che era la Potenza stessa, sono tutt'uno, come lo erano sempre stati,ma nel mondo, "la Shakti in quanto azione, vela la coscienza negando, in vario grado, Se stessa come Coscienza"(Avalon pag. 33).

A questo punto possiamo definire Kundalini Shakti come "potenza arrotolata" (Kundala=arrotolato) che riposa nel centro del corpo, nel Muladhara, come energia statica. La pratica  può svegliarLa rendendoLa dinamica nel corpo e fuori di esso.
 Siccome il nostro non deve essere un discorso troppo pesante ma solo un'introduzione al Kundalini Yoga, saltiamo direttamente al concetto di Prana. Nella Sacra Bibbia è detto che dopo aver creato l'uomo Iddio gli soffio nelle narici e lo animò. Ebbene quel Soffio divino, quel Vento è il Vayu indiano inteso come Prana, come Energia Divina che anima ogni cosa sotto e sopra il cielo. Diciamo subito che la stessa energia pranica nel corpo umano, a seconda delle funzioni cui presiede, si specializza e assume diversi nomi:

Prana, Apana, Samana, Vyana, Udana ed altre. A noi interessano più le prime due, poiché nel corso della pratica potranno dar vita ad un incontro che potremo paragonare ad un'anticipazione di nozze mistiche (poca cosa in confronto all'estasi prodotta dalla risalita del Serpente di Fuoco che dovrebbe di regola seguire l'incontro delle due correnti Prana e Apana): è come se il respiro sposasse se stesso ed interrompesse improvvisamente il suo ciclo inspirazione-espirazione, laciando il posto ad un secondo respiro involontario che poco ha a che vedere con immissione ed emissione , essendo esso costituito dallo stesso fluire dell'Energia nei canali. Diciamo questo per mettere sull'avviso il principiante, di modo che possa eventualmente far fronte a situazioni impreviste. Ma la cosa verrà approfondita più in là con lo studio del Pranayama. Torniamo allora un attimino indietro dando uno sguardo sommario alle tappe dello Yoga di Patanjiali. Intanto diciamo subito che non lo ha inventato lui ma che, sicuramente a seguito delle sue esperienze, ha messo ordine in una disciplina che si tramandava soltanto oralmente da millenni e che mai era stata corporificata così bene.




"L'obiettivo delle prime quattro tappe (Yama, Niyama, Asana, Pranayama) è di purificare contemporaneamente la mente e il corpo fisico", ci informa Goswami Kriyananda nel suo "La scienza spirituale del Kriya Yoga" - Amrita (pag. 2) e l'autore-maestro precisa che per pulizia mentale nello Yoga si intende "pulizia delle nadi", i canali del corpo sottile. A questo proposito è da ricordare come Gopi Krishna pensava che il movimento dell'energia avvenisse nei nervi, forse per via degli effetti del suo movimento che avevano una fortissima ripercussione sul corpo.

Tra le astinenze mi preme sottolineare la non violenza e il celibato. La prima è importantissima perché mette in moto quell'Amore nato dalla convinzione che lo Spirito che alberga in ogni cosa è Unico e che l'essenza di ognuno di noi (e per noi intendo ogni essere vivente: uomo animale pianta o cosa). Nel momento in cui questa convinzione diviene ferma e certa, come può mai esser fatto del male al prossimo? (E per prossimo intendiamo ancora ogni cosa altra da noi). Già di per sé tale convinzione potrebbe portare all'illuminazione, alla realizzazione del Sé, ed in tal caso ci potremmo risparmiare pericolosi esercizi di Pranayama e quant'altro mai. Quanto al celibato è bene intenderlo come "non- sensualità" come dice Kriyananda, e non come obbligo di astenersi dal rapporto sessuale. Ripetendo le parole del suo maestro Yogananda egli raccomanda solo moderazione e controllo degli istinti più grossolani, anzi poco più avanti ci dice chiaro e tondo (confermando così il pensiero ebraico sull'unione fra marito e moglie) che "L'amore è un mezzo per dirigere grandi quantità di energia pranica attraverso il proprio corpo, e tuttavia, soltando dirigendo questa energia pranica verso il vostro partener con tutto l'amore fisico e mentale possibile, riceverete la stessa quantità di energia cosmica nel vostro universo. Se invece siete dispersivi e tiepidi, l'energia verrà diretta al'esterno del corpo, non intercetterete l'oceano di energia cosmica e sarete ancora più dispersivi".

Tra le osservanze invece mi piace sottolineare lo studio individuale delle tecniche del misticismo che possono condurre alla realizzazione. Tali tecniche sono tutte contenute  nei testi sacri di ogni tradizione. Pertanto lo studio individuale equivale allo studio approfondito dei testi sacri. Questo permette anche di sintonizzarsi col maestro a noi più caro, più vicino, e sviluppare per lui una ardente devozione che non può che alimentare sempre più il fuoco della ricerca. Per averli noi studiati in passato e a volte anche commentati, consigliamo per l'Induismo: Le Upanishad, la B.Gita, il Mahabharata, il Ramayana; per l'occidente la Bibbia e i Vangeli nonché le regole degli ordini monastici più famosi e la vita di alcuni grandi santi.

 Abbiamo voluto titolare questo nostro breve discorso "Kundalini e dintorni" soprattutto per avere la possibilità di parlare meno di Kundalini e più dei dintorni. Perché? Ma perché della prima se ne fa un così gran parlare che riteniamo ne siano stati svalutati i contenuti. E' per questo che insistiamo tanto sulla purificazione, sulla lettura dei testi sacri, prima di passare alla molla attivante la Kundalini, il Pranayama ed i mantra. Se manca il fuoco mistico quello che si alimenta con la bakti (devozione) e con lo studio diretto alla realizzazione e non all'indottrinamento, se non si sono purificati i centri bassi nelle corrispettive sfere d'influenza è pressoché inutile starsene li' per ore a cercare di mandare su un'energia per "strade" (intendi nadi, canali sottili) intasate: sarebbe come chiedere alla fidanzata di venirci a trovare suggerendole come percorso la via più trafficata. Se invitiamo un ospite bisogna che gli rendiamo disponibili gli spazi in cui muoversi.

Chi si avvicina alla Yoga, di qualunque tipo esso sia, deve rendersi conto che sta per aprire un laboratorio alchemico all'interno si sé e che deve sviluppare una grande attenzione e concentrazione attraverso la volontà. Manipolerà terra (corpo attraverso le posture), acqua (sentimenti attraverso introspezione sincera), aria (pensieri attraverso un'accurata osservazione della mente che altro non  è che una successione di essi), fuoco (prana attraverso respirazioni, visualizzazioni, mantra, e soprattutto attraverso l'Energia universale e individuale che fino al momento delle nozze mistiche saranno due). Alla fine, con Samadhi raggiungerà l'arresto mentale, ma esso varia a seconda della strada percorsa. Anche se, come giustamente osserva Gopi Krishna, "il fine dello Yoga non è quello di creare un impedimento al normale flusso del pensiero con sforzi prolungati di concentrazione, ma di aprire nel cervello nuove aree di percezione in grado di manifestare uno stato di coscienza sovrumano" (Il Segreto dello Yoga Kundalini - pag. 14 - Ubaldini). Ovviamente l'autore dice questo basandosi sulle sue esperienze abbastanza sconvolgenti. Egli arriva persino ad affermare, contrariamente a quanto detto da tanti altri maestri realizzati, che nel sublime momento dell'unione mistica non ci sia annientamentto della personalità. Questo ci permette di dire come le esperienze non sono tutte uguali e come ogni individuo vive la cosa in maniera del tutto speciale. I guai nascono quando dei grandi maestri (o loro discepoli) cominciano ad affermare che l'unica, autentica e vera esperienza del Divino è quella loro e che le altre sono tutte false. Crociate e guerre sante non hanno bisogno di commenti. Sulle "interpretazioni divergenti attribuite all'esperienza dei mistici" il sopracitato autore a pag. 39 dello stesso testo dà una sua personale interpretazione degna del massimo rispetto, che noi però non riportiano per motivi di spazio e di tempo.



I Chakra sono dei plessi che la fisiologia degli indù colloca lungo la colonna vertebrale. I principali sono sette . Il glossario Sanscrito della collezione Vidya ci informa che "corrispondono ai centri di gravità della coscienza e delle sue determinazioni nell'ambito dell'individualità…sono rappresentati sotto forma di loti (padma) che l'ascesa della Kundalini colora, anima e dischiude. Ognuno di questi Cakra è in stretta corrispondenza con certe funzioni fisiche, mentali, vitali e spirituali ed esprime un determinato stato di coscienza…I cakra rappresentano determinazioni della energia-consapevolezza o sakti la quale giace , virtualmente "arrotolata" (Kundalini) , alla base della colonna, nell'ultimo cakra (muladhara) …Lo Yoga in generale tende a integrare tali determinazioni, di per sé limitanti, nella pura Coscienza la quale è priva di limite e di forma, cioè è infinita (Siva)…"
Avalon li definisce più semplicemente "come centri sottili di azione, nel corpo, delle Shakti o potenze dei vari Tattva o principi che costituiscono le guaine corporee".

E se fosse la scala di Giacobbe?  La domanda è un po' strana, ma a ben pensare, se la consapevolezza dell'Essere (la Kundalini) dorme alla base della colonna in Muladhara (ricordate come Giacobbe si addormento' su una pietra a Luz, che poi chiamo' Betel = Casa di Dio), il risveglio in questo padma di base e l'attraversamento progressivo di tutti gli altri chakra  non costituiscono una risalita vera e propria attraverso una scala coscienziale via via sempre più "raffinata" ? A noi sembra proprio di sì.
Gli Angeli che attraverso la scala di Giacobbe scendono sono emanazioni dell'Energia Macrocosmica, quelli che salgono sono aspetti qualificati dell'Energia Microcosmica.
Ma più che verificare la tesi, a noi premeva sottolineare come in tutti i testi sacri del mondo vengano date indicazione sulla via del ritorno.

E' utile ricordare ancora una volta che la purificazione delle nadi attraverso la respirazione cosciente è importantissima: se l'energia trova il percorso intasato, non circola, non scorre.
Da questo momento in poi il praticante deve assolutamente accumulare quanta più energia possibile. Fisicamente attraverso le posture dell'Hata Yoga capaci di energizzare ogni singolo chakra e attraverso la conservazione dell'energia sessuale (conservazione del seme); emotivamente attraverso la sublimazione di sentimenti e passioni in compassione e vero amore senza attaccamento verso ogni cosa; mentalmente attraverso la concentrazione e la meditazione con le quali è assicurata la tranquillità mentale. Respirazione, mantra, mudra, immobilità e ardore mistico faranno il resto.
Dei mudra diciamo subito che sono dei gesti della mano capaci di bloccare la fuori uscita di energia dalla mano stessa e rimetterla in circuito.

Nell'introduzione a "Luce dei tantra" (Tantraloka) di Abhinavagupta ed. Adelphi, il prof. Raniero Gnoli, ordinario di Indologia all'Università di Roma, traduttore dell'opera, a pag. XLV parla brevemente del linguaggio e i mantra: "l'Io, in quanto è pensiero, coscienza, è anche linguaggio, parola…Il linguaggio non è un fatto soltanto acustico o muscolare, ma è il pensiero stesso che parla in noi…Il linguaggio è lo stesso Io, la nostra stessa soggettività…Il pensiero consiste in una vocalità, la quale è costituità da un discorso interiore. Questa vocalità è indipendente da convenzioni e consiste in uno stupirsi ininterrotto…" Queste poche frasi aprono dei veri e propri cancelli: la parola è il corpo del pensiero, la materializzazione del pensiero. Più le parole sono ispirate, più hanno potere; più sono egoiche, meno potere hanno. Le prime volano nell'aria e penetrano nei cuori con dolcezza e leggerezza, le seconde sono pesanti e non attraversano neanche la pelle, perché cadono appena escono di bocca. Le parole di un poeta sono diverse dalle normali parole, sono cariche di una sorta di "amore", sono piene di "poesia", di anima, diSpirito. Sono come lo sguardo di una ragazza innamorata,: amorevoli, toccanti, fiori profumati. Ebbene i mantra sono parole "poetiche", a volte monosillabi senza senso, che nascono nelle menti dei grandi maestri durante le più alte mete meditative (Samadhi). La loro efficacia, come la bellezza delle parole poetiche, è figlia di quel continuo stupore che proviene dalla costante pratica dello Yoga. I Mantra sono conoscenza in seme. "Gli stadi dello Yoga sono stupori" recita Vasugupta nel 12° de "Gli afosismi di Siva ( - a cura di S. Tortorella - ed. Mimesis - pag.69). E lo stupore cresce ancora di più allorché dalla fantasia si passa all'immaginazione e da questa al "vedere" dentro tramite l'apertura del cosiddetto terzo occhio, Ajna Chakra. Come nei sogni, si andrà dentro e non più fuori attraverso gli occhi. Il prof. Gnoli ci ricorda ancora che presso le scuole tantriche i mantra sono frasi, parole   o sillabe rituali perlopiù prive di senso compiuto, di modo che salmodiandole la nostra attenzione non è costretta a rincorrere fuori come di solito fa con le parole normali che indicano qualcosa. E' un po', diciamo noi, come un Koan Zen che, privo di significato oppure paradossale, crea alla mente un corto circuito. Con i mantra la coscienza non va da nessuna parte, ma riposa in sé. Le cinquanta lettere dell'alfabeto sanscrito "sono concepite…come altrettante potenze della  coscienza, dell'Io, che per grazia di esse si afferma non come statica unità, ma come inesauribile varietà e movimento…Per il santo, il senso storico o letterale delle parole  e, con esso, tutto il nostro pensiero, tutta la storia, ricevono un senso, una dimensione nuova…".

Il santo, con la sua estrema sensibilità, è in grado di percepire nelle parole non solo il senso ma anche quella particolare musicalità capace di "modificare" la coscienza e di indirizzarla verso nuovi stati, e questo perché certe parole manifestano il loro potere allo stesso modo in cui certi uomini manifestano il loro. Roberto Provana ( con lo pseudonimo Sat) nel suo libro "Mantra la potenza dei suoni (  - ed Arktos, pag. 15),  ci dice che "col mantra si mira a reintegrare la parola fino a raggiungere uno stato nel quale un nome non evoca più l'immagine di un oggetto, bensì il suo potere ; e la parola non rappresenta più un rumore prodotto da una serie di  contrazioni delle corde vocali, ma la voce stessa della cosa quale essa risuona di là da ogni orecchio particolare, nella forma di una lingua cosmica…". Noi crediamo che il santo abbia avuto una tale espansione di coscienza da poter tradurre l' "Io sono Quello "   in mille particolarità, in modo tale che, se osserva la luna o il sole e sente di esserlo, ne sente la musica, che trova una istantanea traduzione in mantra, in un particolare fonema  che ne contenga l'essenza, come il seme contiene l'albero. Ma qui arriviamo ai Bija  (sillabe-semi), e siccome non possiamo allargarci troppo, rimandiamo il lettore che volesse approfondire ai testi citati e a quelli che alla fine consiglieremo di consultare. Per ora ci basta sapere che un mantra va svegliato con la ripetizione ( japa) ; Sat ci suggerisce l'immagine del dormiente che a furia di scosse ininterrotte viene svegliato e si muove (immagine suggerita peraltro da Avalon a pag. 82 del suo "Il potere del serpente". Ma egli ci ricorda anche che la parola acquista potere nel silenzio, per cui il praticante dovrebbe risparmiare parole e immergersi nell'assoluto silenzio, affinché il mantra acquisti più potere. Non so se ci avete mai fatto caso, ma le parole dei chiacchieroni, di quelli che parlano tanto per parlare, ci scivolano sulla pelle e non raggiungono neanche l'orecchio: sono prive di fuoco, di potere, di silenzio, di anima.

Sempre a proposito di mantra, Mircea Eliade, nel suo oramai classico "Yoga immortalità e libertà"   della Bur (pag. 207) riporta un concetto espresso da Vasubandhu nel suo trattato "Biddhisattvabhumi": il vero significato dei mantra consiste nella loro assenza di significato e che meditando su questo non-significato, si arriva a comprendere la realtà ontologica dell'universo". Ma ritenendo il concetto dell'autore limitativo, Eliade aggiunge che "se è vero che la ripetizione del mantra annulla la 'realtà' del mondo profano, questo è soltanto un primo passo dello spirito, indispensabile per sfociare in una realtà più profonda".

Tutta questa nostra lunga chiacchierata spero abbia fatto capire al lettore che il Kundalini Yoga non può essere ridotto ad una asana, un  po' di respirazione cosciente accompagnata da mantra e visualizzazioni mentre brucia qualche bastoncino d'incenso al sandalo. Lo Yoga è una regola di vita che prevede anche quanto sopra. Se non vi è una vera, sincera conversione, una totale interiorizzazione dei sensi, perdiamo solo tempo.

Pratica

Il Prana e l'Apana (respiri ascendente e discendente) si muovono in Ida (nadi lunare) e Pingala (nadi solare) a sinistra e a destra della Sushumna nadi, il canale centrale. Tutto il lavoro consiste nell'incanalare i due soffi nel canale centrale dove opera un terzo soffio, l'Udana. Nel momento in cui la normale respirazione cessa, Prana e Apana si sono uniti, Sushumna si è aperta e nello stesso tempo Kundalini si è svegliata e comincia a salire di Ruota in Ruota. Se raggiunge il Chakra alla sommità della testa ed esce dal foro di Brahma si unisce all'Energia cosmica ed è Liberazione.

Nella stanza 24 del Vijnanabhairava (trad. e comm.di Attilia Sironi - Adelphi) è detto: "In alto il soffio ascendente, in basso il soffio discendente. Il soggetto che preferisce è la stessa Dea, essenziata di emissione. Nel luogo della duplice nascita, si ha, in ragione dell'onnicomprensione, lo stato onnicomprensivo". La stanza si riferisce proprio ai due soffi  (Prana e Apana) che nascono dal cuore e nel Dvatashanta, nei quali si estinguono (Sironi): il momento in cui l'inspirazione è finita ma non è ancora cominciata l'espirazione è particolare, perché al meditante possono accedere tante cose, fra cui l'  "onnicomprensione" che la traduttrice rende con "stato di coscienza di pienezza".

Tanti maestri spirituali raccomandano ai discepoli di stare bene attenti nel momento del risveglio, quando il senso dell'io non ha ripreso ancora possesso del corpo-mente, perché pare che anche lì ci siano buone possibilità di "onnicomprensione", di comprendere cioè la propria vera natura.
Ho voluto introdurre questo testo tantrico (Vijnanabhairava=conoscenza del tremendo; Bhairava è il nome di Shiva nel suo aspetto di distruttore di forme) per due ordini di motivi. Primo perché è un "manuale pratico di meditazione" (Gnoli); secondo, perché nelle stanze 11-13 Shiva dice delle cose interessanti: "In realtà Bhairava…non è l'insieme dei suoni…non si identifica con il nada e il bindu…non è connesso con la successione delle ruote e non è essenziato dalla Potenza.

Tutte queste cose non sono altro infatti che spauracchi per bambini, rivolte a coloro la cui mente non è ancora svegliata; tutto ciò, come le chicche date dalla madre, è menzionato al solo scopo di spingere all'azione" (idem - il corsivo è nostro).

Queste tre stanze in effetti si prendono gioco del discepolo che fin dall'inizio comincerà a visualizzare Chakra, bindu ecc, al fine di far salire una Potenza che non essenzia lo stesso Shiva-Bhairava. Come dire (secondo l'autore) il Kundalini Yoga è per principianti, per coloro che ancora dormono profondamente. Ma ovviamente la cosa va presa per il giusto verso, e cioè considerndo il fatto che ogni maestro mette al di sopra di tutti il proprio insegnamento: tutti gli altri sono per principianti. Sicuramente l'autore o gli autori del Vijnanabhairava la pensavano così.

Di tale testo noi abbiamo la traduzione e il commento della Sironi introdotta da Gnoli, e i discorsi di Bhagawan Shree Rajneesh sul Vijnana Bhairava Tantra tradotti dall'inglese da Roberto Donatoni.
Ecco quello che pensa lo Gnoli di tali discorsi: " In tempi a noi recentissimi, il Vijnavabhairava è stato liberamente interpretato da Rajneesh, che gli ha dedicato cinque volumi, Dio sa quanto attendibili" (pag. 35 succitata opera Adelphi). Lo Gnoli forse dimentica che Osho era laureato in Filosofia, che era indiano, che conosceva il tantra (discusso, chiacchierato, ma tale), e che da buon colto indiano conosceva il Sanscrito, e che bene e male, almeno nella traduzione del testo, potrebbe essere apprezzabile, se non nei commenti visti dall'ottica di un pratico, che agli occhi di un teorico potrebbero essere incomprensibili. Noi in quel libro abbiamo trovato anche molta spiritualità e buone intuizioni.  Ma torniamo al testo e alle techiche di conoscenza del Bhairava. Dalla stanza 28 si comincia a parlare di tecniche che hanno a che vedere con la Kundalini. Le riporto così come tradotte dalla Sironi: 28. Su dalla radice, luminosa di raggi, più sottile del sottile, giova meditare come questa (potenza) si acquieti alla fine nello dvadasanta: in tal modo si ha il sorgere di Bhairava.

Il commento del traduttore si limita a ricordarci che Kundalini è l'energia vitale che giace arrotolata alla base del coccige e che quando si ridesta, attraversando tutte le ruote (Chakra), alla fine trova riposo in Shiva. La stanza invece ci sta consigliando di fare un esercizio di visualizzazione che lo stesso Yogananda raccomandava ai suoi discepoli, e cioè quello di immaginare che la Kundalini si accenda, li'  nel Muladhara, e che poi salga lungo la colonna in un raggio sottilissimo come il filo del ragno, e che termini la sua corsa oltre il foro di Brahma. E siccome l'energia segue la mente, può verificarsi il sorgere di Bhairava, la realizzazione.

(Questa potenza giova meditarla) ascendente, simile a un lampo, via via attraverso le varie ruote, su su fino allo dvadasanta: così, alla fine, si invera il grande sorgere (di Bhairava).
Qui la variante consiste nel visualizzarla come un lampo che attraversa via via i vari Chakra.
Riempiendo rapidamente per mezzo di essa lo dvadasanta ,  attraversandolo con quel ponte che è la contrazione delle sopracciglia, e resa così la mente priva di pensiero discorsivo, si invera, nel punto più alto di tutto, il sorgere dell'onnipervadenza.
I metodi meditativi del Vijnanabhairava sono tanti e ovviamente non parlano solo di Kundalini. La stanza 62 per esempio: se si medita come tutto il corpo o anche l'universo sia essenziato di coscienza, allora, tutto insieme, grazie a un pensiero privo di  rappresentazioni differenziate, si invera il supremo risveglio.
Ma lo stesso risveglio può essere ottenuto anche meditando sulla grande gioia provata per avere incontrato un amico dopo tanto tempo (stanza 70); oppure, identificandosi con la gioia del canto (stanza72); con la fissità dello sguardo e l'assenza di pensieri (stanza 79); dondolando il corpo ritmicamente e lentamente (stanza  82); meditando "Io sono dovunque" senza attaccamento al corpo (102); oppure pensando saldamente "Io sono l'Assoluto" (107); meditando sullo stato mentale prodotto da una ardente devozione (119); ecc.

Ma torniamo al nostro Yoga Kundalini e ad uno dei suoi misteri: "è facile destare la Kundalini, ma è molto difficile portarla al sahashrara attraverso i differenti chakra".(Sivananda pag. 82).
Questo accade perché i doni che a profusione dà mano mano che apre un Chakra sono come sirene capaci di catturare la nostra coscienza, che anziche' correre verso l'alto, verso l'abbraccio con la Coscienza Universale, si ferma per refforzare le pareti dell'io. Ecco la vera difficoltà: trascendere l'ego. Basta un'estasi, un "orgasmo mistico", e rimani lì per anni con la mente, ed ogni volta che ti siedi in meditazione ricerchi la bella esperienza che tanta beatitudine ti ha dato. Magari il Serpente vorrebbe andare oltre, ma tu lo leghi a quel Chakra basso collegato al sesso, e anziché andare oltre quei primi scalini che hanno a che vedere coi sensi e col corpo, fissi la tua coscienza là. Non c'è solo il corpo (da curare, trattare bene, pulire, nutrire ecc.), c'è anche il cuore e la mente, e soprattutto Il Bhairava, per dirla col Vijnabhairava tantra, lo Shiva supremo, il terrifico, il Tremendo.

La Bhagavad Gita li dice costantemente: non attaccamento. Quindi quando mediti non cercare nulla, ti basti meditare, seguire la tecnica suggerita senza aspettative. Quello è il trucco.
Pertanto faremmo bene a seguire i consigli saggi di Sivananda, e cioè scegliere una delle tante techiche proposte da Hatha Yoga, Bhakti Yoga, Raja Yoga, Jnana Yoga, quella che più si adatta a noi, e praticarla regolarmente.
Per quanto attiene agli esercizi farò così, proporrò di volta in volta un autore e sceglierò dal suo libro le techiche che ritengo più serie, semplici, non pericolose. Il tutto a mo' di una bibbliografia ragionata. Mi pare giusto cominciare con l'ormai classico
 Arthur Avalon Il potere del serpente  ed. Mediterranee.
Per la descrizione dei Cakra l'autore si avvale di due testi (Chat - Chakra Nirupana, e Paduka Panchaka. Sono due opere di Laya Yoga, quel particolare tipo di Yoga la cui sadhana consiste nell'assorbimento coscienziale nei singoli chakra).
Nell'interno della colonna vertebrale vi sono i sei principali Chakra, essi sono Muladhara, Svadhishthana, Manipura, Anahata, Vishuddha, Ajna, e alla sommità della testa il Sahashrara. Hanno tutti le corolle in giù, tranne quando Kundalini li ravviva.


Muladhara è di color cremisi ed ha quattro petali, su cui vi sono le lettere Vam, sham, sham cerebrale, Sam.  Questo loto è il centro del tattwa della terra di colore giallo ed ha come mandala un quadrato. Il bijamantra è Lam, cioè la lettera 'la' nasalizzata. Quando questo centro vibra produce un particolare suono, che grossolanamente tradotto è appunto Lam. La qualità del tattwa è rappresentata da un elefante simbolo di forza e stabilità. Organo di senso cui presiede, l'odorato. Parti anatomiche, piedi. Ogni Chakra ha un animale simbolo che oltre alla qualità del tattwa é anche veicolo della divinità del centro stesso. La devata (divinità) di questo loto è Brahma creatore che ha per Shakti 'Savitri'. Nel Muladhara, come un serpente,arrotolata tre volte e mezzo, giace Kundalini, la cui testa copre la porta di Sushumna, il canale centrale. Prima di andare oltre voglio riportare un passo (pag. 136) in cui appare chiaro come sia l'albero cabalistico del misticismo ebraico, sia la fisiologia sottile dei tantra parlano lo stesso linguaggio: "Il Supremo discende dunque attraverso le sue manifestazioni dal sottile al grossolano sotto la forma dei sei Deva e delle sei Shakti nelle loro sei dimore dell'asse del mondo, e sotto la forma dei sei centri nell'asse del corpo, o colonna vertebrale".  A me sembra si parli di vere e proprie emanazioni dal più sottile al più denso. Ma torniamo ai centri.
Non ci scordiamo che i mantra in ogni centro sono il corpo di una Devata, una divinità. Per cui, quando essi vengono cantati, si evocano le divinità stesse.


Il secondo loto partendo dal basso è Svadhishthana nella regione sopra i genitali; è di colore bianco (vermiglio o arancio secondo altri) ed ha sei petali su cui ci sono le lettere Bam, Bham, Mam, Yam,  Ram, Lam. Il Tattwa di esso è l'acqua ed il mandala ha la forma di luna crescente. Il Bijamantra è Vam, cioè la lettera 'va' nasalizzata. L'animale simbolo è il Maraka, una specie di alligatore. La divinità è Vishnu e come Shakti ha Rakini. Organo di senso, il gusto. Parti anatomiche, mani.



Manipura, il terzo Chakra è nella regione dell'ombelico. Ha dieci petali. Le dieci lettere sono da, dha, na,ta, tha, dadka, na, pa, pha. E' di colore rosso, il mandala ha forma triangolare, il bijamantra è
Ram su un ariete. Divinità Rudra, mentre la Shakti è Lakini. Stimola l'organo della vista (e l'ano).
Il quarto Chakra è Anahata nella regione del cuore. Ha dodici petali, le cui dodici lettere sono: ka, kha, ga, gha, na,cha, chha, ja,jha,na,ta,tha.Stimola il senso del tatto (pene organo d'azione), è di color fumo (per altri verde),il mandala è un esagono a sei vertici. Bijamantra Yam su un'antilope. Divinità Isha, e come Shakti ha Kakini.

Vishuddha è il quinto Chakra. E' nella regione della gola, ha sedici petali, le lettere sono le vocali a, a accentata, i, i acc.,u, u acc., ri, ri acc., Iri, Iri acc, e, ai, o au, am, ah. Stimola il senso dell'udito, è di colore bianco, ed il suo mandala è un cerchio. Il Bijamantra è Ham su un elefante bianco (per altri porpora). La divinità è Sadashiva, e la Shakti è Shakini. Organo d'azione bocca.

Ajna  è il sesto Chakra. Si trova nella regione fra le sopracciglia, ha due petali, le cui lettere sono ha e ksha. Presiede alle facoltà mentali. Non viene indicato colore (per altri bianco splendente o color luna). Bijamantra Om. Divinità Shambhu, Hakini per Shalti.


L'ultimo Chakra è sopra la testa, Sahashrara, il loto dai mille petali. Tutte le lettere si trovano qui ripetute venti volte (venti per cinquanta è uguale a mille). E' la dimora di Ishvara, che è Shiva-Shakti. Qui vi è il vuoto perfetto. Le lettere si leggono da destra a sinistra.
Questi sono i Chakra che il praticante può "stimolare" durante la pratica (se seguito da un maestro competente) attraverso visualizzazioni, concentrazione, mantra che equivalgono  a invocazioni di divinità, posture, e, cosa importantissima, particolari respirazioni. A proposito del controllo del respiro, prima di avventurarsi in esercizi di pranayama è bene sottoporsi ad una visita medica per appurare la sanità di corpo e mente (soporattutto cuore, polmoni, pressione, ecc.). Chi è affetto  da  patologie si accontenti di osservare il respiro che entra e che esce, senza intervenire per nessun motivo sui ritmi respiratori. Quanto alla pratica vera e propria, Sir Voodroffe-Avalon possiamo dire che condensa tutto in un periodetto fra le pagine 154 e 155. Lo riporto aggiungendo il corsivo per metterlo in evidenza, perché alla fin fine torniamo a Patanjali: "Tutte le forme di Yoga, sia Mantra sia Hata o Raja, hanno le stesse otto membra (Ashtamga) o forme ausiliarie preparatorie: Yama, Niyama, Asana, Pranayama, Pratiahara, Dharana, Dhyana, Samadhi".  Ed il nostro autore, qualche pagina oltre ammonisce: "Né la sede del fiore di loto, né il fissare lo sguardo sulla punta del naso sono Yoga. E' l'identità di Jivatma e Paramatma che costituisce lo Yoga"  (anche qui il corsivo è nostro). Jivatma è il Sé incarnato, Paramatma è il Sé supremo.

Il testo di Lilian Silburn "La Kundalini o l'energia del profondo" - Adelphi, non è certo un testo per principianti. I suggerimenti, le tecniche che propone, per sua stessa ammissione, non sono complete. Tuttavia, la lettura di questo libro, per chi ha già avuto qualche esperienza di risveglio d'energia, è prezioso. La fisiologia cui la Lilburn  fa riferimento e quella dello Shivaismo Trika (monista e non dualistico) del Kashmir (nord dell'India).  La parolaTrika vuol dire ternario. La triade considerata da questa scuola è costituita da Pasu, anima individuata; Pasha o onergia di legame; Pati o il Signore, Shiva (Diz. Sanscrito Vidya). Se negli altri sistemi Yoga i Chakra sono "rappresentazioni figurate", per questa scuola essi sono centri di vibrazione di cui si ha diretta esperienza. Ogni  chakra ha un certo numero di raggi, che i testi tantrici mutarono poi in petali, lettere, suoni, colori, ecc. Il Trika prende in considerazione solo cinque ruote (esclude il secondo dell'altra tradizione). Ogni ruota  ha una "forza ostruente" che va sciolta e recuperata dalla Kundalini. "Alcuni nodi di energia sono difficili da sciogliere" ci dice l'autore (centro di base e centro in mezzo agli occhi). Neutralizzato il veleno del serpente, che quando dorme distrugge la vitalità attraverso l'agitazione sessuale, lo stesso veleno si trasforma in forza ascendente. La secondo ruota è quella dell'ombelico, ha dieci raggi. La terza, nel cuore. Appena sveglio, questo Chakra dona la sua potenza agli altri spontaneamente.
Nella nota a pag. 57 la Silburn ci ricorda che " Agendo eslusivamente su di esso, si evitano molte complicazioni e difficoltà associate al risveglio del Muladhara e di Ajna".Relativamente a quest'ultimo Chakra, l'autrice ci informa che esso per l'energia vitale costituisce un passaggio difficile, perché per andare oltre occorre saper "padroneggiare il Samadhi e beneficiare dell'aiuto di un ottimo guru". Dopodiché ci suggerisce la lettura della stanza 36 del Vijnanabhairava che ha a che vedere proprio con questo difficile attraversamento. Ma se uno lo va a leggere ci capisce ben poco, mentre l'esposizione della tecnica da parte della gentile Silburn (che ha avuto la fortuna di avere un maestro davvero qualificato) è comprensibile:  se nel momento in cui si riesce a rompere la porta delle sopracciglia il pensiero è non duale "si accede alla trascendenza e si diviene onnipervadenti". In pratica ci viene suggerito di riempire d'energia pranica tutte le ruote fino ad Ajna e quando questo centro è colmo ed il Samadhi ne  evita la dispersione attraverso i sensi, "basta corrugare leggermente le sopracciglia e proiettare subito questa energia" verso il centro supremo. Se la cosa non riesce, l'energia si disperde dalle narici.
Qui si parla di Samadhi, per cui, capite bene, si tratta di pratiche avanzate. Davvero solo chi si è purificato nel corpo e nella mente e poi ha trasceso l'ego riesce a condurre Kundalini, di Chakra in Chakra, fin lassù. Ma torniamo all'Ajna Chakra. La stanza 36 del Vijnanabhairava ci  dice che una volta "traforate le sopracciglia si ha la vista del Bindu, un punto molto luminoso, "fuoco sottile che sprizza come una fiamma" ci dice la Silburn riportando sicuramente le parole di Abhinavagupta nel Tantraloka (La luce dei tantra). A tal proposito è interessante rileggere il molto ricamato (ma non per questo disprezzabile) resoconto che della sua esperienza fa Muktananda nel suo libro "Il Giuoco della Coscienza - il risveglio di Kundalini" ed. Mediterranee. Egli dedica molte pagine a questa luce ed alle esperienza che dal suo manifestarsi ha avuto. Sempre la nostra espertissima autrice ci ricorda che se sul Bindu ("il punto sensa dimensioni")  si fissa la nostra attenzione nel momento in cui esso, giunto nel mezzo della fronte, sta per svanire, "si viene assorbito nello splendore della coscienza", ed i tre bindu del cuore delle sopracciglia e della testa diventano una cosa sola. La pratica continua (e noi rimandiamo al bel libro di cui trattasi), ed alla fine "lo yogin… gode della più totale delle felicità…Per lui ogni cosa è immersa nella beatitudine.


Ma non è finita perché rimane da perforare ancora l'ultima ruota. Giunto nell'ultimo Chakra lo yogin ha "realizzato il Sé, ma non Shiva, nell'universo". Se questa suprema ruota viene perforata, intense vibrazioni provocano vertigini ed ebrezza (Silburn). Ma dodici dita sopra la testa vi è un'ultima stazione conoscibile solo da chi si identifica con Shiva.
Se si va ad analizzare la figura dell'I Am Presence della scuola "I Am" , ci si renderà conto che essa simbolizza proprio questa fase finale della tecnica tantrica in questione. L'Onnipervadente Energia della Presenza (Shiva della tradizione tantrica), una volta contattata unifica i tre centri cuore, sopracciglia, sommita' della testa.    Chi fa di questo centro oltre la testa, o in termini di "I Am" chi fa di questa Presenza "la sua dimora permanente e vi conduce la propria energia a volontà, diviene un liberato in vita" (Silburn).      Chi ha avuto esperienze di Kundalini e ne vuol sapere di più è invitato a leggere questo libro. Prima di concludere con questo testo, vogliamo ricordare ai praticanti un passaggio importante. Secondo la scuola del Trika "è sufficiente concentrarsi sul soffio perché le esperienze relative ai centri si susseguano spontaneamente, via via che l'energia coscienziale li attraversa"  (Pag. 78).

Chi invece vuol seguire la via dello Hatayoga e concentrarsi sulle ruote legga il bel libro Chakras - ruote di vita della Anodea Judith della Armenia.

Per chi invece non ha voglia di imbottirsi il cervello con centinaia di nomi sanscriti, di concetti astrusi, di pratiche impossibili; per chi, insomma, ha voglia di andare al sodo, l'agile, ma non per questo meno profondo libro di Orfeo Bedini "Yoga - respirazione, capacità vitale, sessualità ed. Promolibri, fa al caso suo. Inoltre Jivan Mukta (questo il suo nome iniziatico) tiene le sue lezioni di Hata - e tantra-Yoga presso il centro Yoga Jivan Mukta di Roma.

Per concludere questa breve chiacchierata su Kundalini, ci rimane da parlare del Pranayama.
Il testo migliore (per noi) in materia è Teoria e pratica del Pranayama - di B.K.SundaraRaja Iyengar - ed. Mediterranee. Chi volesse sapere il massimo sul controllo della respirazione non ha che da leggerlo.
La cosa strana di questo breve "saggio" è che la spinta ci è venuta a seguito dello studio del poema epico Ramayana, e che la conclusione di esso ci riconduce, grazie al libro dello Iyengar, allo stesso Ramayana. L'autore infatti comincia con due invocazioni: una al figlio del Dio del vento il Signore Hanuman, e l'altra al Saggio Patanjali. Non è certo per caso che Iyengar cominci da essi, visto che le basi su cui si fonda il Kundalini Yoga sono proprio il Prana (Vento) e gli otto scalini proposti da Patanjali. Vogliamo riportare entrambe le invocazioni perché cariche di ardore mistico.



Al Signore Hanuman

Io saluto il Signore Hanuman, Signore del Respiro, Figlio del Dio del Vento…
Che porta cinque volti e dimora dentro di noi
Nella forma dei cinque venti o energie
Di cui sono pervasi il nostro corpo, la nostra mente e la nostra anima,
Che riunì Prakrti (Sita) con Purusa (Rama)…
Possa Egli benedire il praticante
Unendo la sua energia vitale - prana -
Con il Divino Spirito interiore.

Al Saggio Patanjali

Mi inchino al più nobile dei Saggi , Patanjali…
Che apportò la serenità alla mente con la sua opera sullo Yoga,
la chiarezza del discorso con la sua opera sulla grammatica
e la purezza del corpo con la sua opera sulla medicina.
Là dove vi è lo Yoga,
vi sono prosperità, successo, libertà e beatitudine.

Di questo libro non riporterò tecniche di respirazione, spingendo così il praticante a procurarselo e a leggerlo attentamente. Citerò solo un passo della prefazione dello stesso Iyengar (pag. 21):
"Il Pranayama…non può venire appreso mediante dibattiti e discussioni, ma deve essere acquisito con un impegno cauto e paziente. Incomincia arrecando sollievo a coloro che soffrono di disturbi come il comune raffreddore, il mal di testa e la disarmonia mentale. Il suo nadir è l'elisir di vita."
(il corsivo è nostro).

Qui ha termine la curiosità: chi vuole davvero praticare, si dia una mossa. Non ci vuole  molto e costa poco: sono sufficienti Hanuman e Patanjali, e tanta ma tanta voglia di VERITA'.

Ecco qui di seguito l'elenco di tutte le opere citate e quelle consigliate.
Opere Citate
-     Swami Sivananda - Kundalini - Yoga - Ed. Vidyananda;
-       Arthur Avalon - Il potere del serpente - Ed. Mediterranee;
-       Lilian Silburn - La Kundalini o l'energia del profondo - Ed. Adelphi;
-       B.K.S. Iyengar - Teoria e pratica del Pranayama - ed. Mediterranee;
-       Goswami Kriyananda - La scienza spirituale del Kriya Yoga - Ed. Amrita;
-       Abhinavagupta - Luce dei tantra - a cura di Raniero Gnoli - Adelphi;
-       Glossario Sanscrito - Asram Vidya;
-       Vijnanabhairava la conoscenza del tremendo  - adelphi;
-       Sat - Mantra la potenza dei suoni - Ed. Arktos;
-       Bhagwan Shree Rajneesh - Il libro dei segreti - Bompiani;
-       Orfeo Bedibni - Yoga - respirazione, capacità vitale, sessualità - Promolibri;
-       Vasugupta - Gli aforismi di Siva - Mimesis Simory;
-       Roy Eugene Davis - La scienza del Kriya Yoga - Ed. Vidyananda;
-       Gopi Krishna: Il segreto dello Yoga Kundalini - Ubaldini
Kundalini, l'energia evolutiva dell'uomo (Commento psicol. Di J. Hillman) - Ub.
Iniziazione alla Kundalini - Mediterranee;
-       Mircea Eliade - Lo Yoga , immortalità e libertà - Rizzoli;
-       Swami Muktananda - Il giuoco demma coscienza , il risveglio di Kundalini - Mediterranee;



"Io mi sforzo di ricondurre il divino che è in me
al divino che è nell'universo"
           ( Plotino ) 

( cortese concessione di Garbhayoga )

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