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venerdì 25 novembre 2011

SAMKHYA

ll Samkhya (o Sankhya) è ritenuta la più antica delle sei Scuole di pensiero (Darshana) ortodosse, che riconoscono, cioè, l'autorità dei Veda.
Secondo questo sistema filosofico, l'intera realtà scaturisce dalla relazione fra due princìpi onnipervadenti ed eterni: Purusha e Prakrti. Il Purusha è il puro spirito, la monade spirituale perfetta e, pertanto, priva di qualsiasi attributo o caratteristica.


 Gli infiniti puri spiriti, i Purusha, sono spettatori, testimoni silenziosi di Prakrti (la natura) che è completamente pervasa da tre qualità costitutive, i Guna: Sattva, Rajas e Tamas , che entrano nella composizione di qualsiasi manifestazione della natura e che corrispondono, rispettivamente, alla leggerezza, luminosità, all'attività , dinamismo e alla pesantezza , oscurità . Quando la quiete della Prakrti, cioè l'equilibrio fra i tre guna, viene alterata, si ha l'inizio di un nuovo universo e, quindi, l'avvio evolutivo del mondo manifesto. Questa alterazione dello stato originario di quiete è dovuta alla stretta vicinanza tra Purusha e Prakrti e causata dalla relazione intercorrente fra questi due princìpi. 


Il Purusha va infatti considerato come il perenne ispiratore che, con la sua sola presenza, dona coscienza e vitalità all'intero creato e che, all'interno della singola manifestazione e quindi dell'uomo, diviene anima e assume l'aspetto di colui che conosce e non agisce. La Prakrti, invece, con l'imperfezione che la contraddistingue, è un ente agente e non cosciente. Lo stato di assoluto isolamento (Kaivalya) del sé rispetto ai tre mondi - terreno, intermedio e divino - consiste nel riconoscere la diversità fra questi due enti attraverso la conoscenza dei 25 princìpi che strutturano il sistema Samkhya.
La filosofia Samkhya è un dualismo realistico che, per effetto della necessità logica di stabilire l'eternità e l'onnipervadenza sia del Purusha che della Prakrti, riconosce pari dignità ai due princìpi. Il primo dev'essere inteso come principio spirituale e perfetto mentre il secondo è un principio indeterminato e imperfetto. Il suo fine più immediato è quello del superamento della sofferenza per mezzo della conoscenza, cui segue l'aspirazione all'isolamento.
La scuola del Samkhya è la prima a proclamare l'indipendenza della ragione umana dalla rivelazione, come avviene, ad esempio, nelle Upanishad. Il puro spirito, l'anima universale, il impersonale che alberga in ciascuna manifestazione della natura è dunque, secondo questo darshana, libero dal susseguirsi delle reincarnazioni e sempre uguale a sé stesso. Ciò che cambia e rinasce è invece l'anima individuale, il corpo sottile, che, in quanto essenza già presente nella quiete originaria della Prakrti, ha la possibilità di evolvere fino al conclusivo isolamento dalla materia, svincolandosi definitivamente dal ciclo delle rinascite.

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