 Inizialmente associata al dio Prajapati, kurma venne quindi assorbita  tra gli avatara (le discese salvifiche del dio Vishnu) e giocò un ruolo  fondamentale nel famoso mito della zangolatura (metafora della  creazione, ndr) dell’oceano. Prima che il mondo avesse origine, i deva  (gli dei) erano continuamente minacciati dai danava (sorta di antidei  demoniaci), per cui si erano rivolti a Vishnu, Signore della Provvidenza, che aveva consigliato agli dei di procurarsi l’ambrosia che rendeva immortali.
Inizialmente associata al dio Prajapati, kurma venne quindi assorbita  tra gli avatara (le discese salvifiche del dio Vishnu) e giocò un ruolo  fondamentale nel famoso mito della zangolatura (metafora della  creazione, ndr) dell’oceano. Prima che il mondo avesse origine, i deva  (gli dei) erano continuamente minacciati dai danava (sorta di antidei  demoniaci), per cui si erano rivolti a Vishnu, Signore della Provvidenza, che aveva consigliato agli dei di procurarsi l’ambrosia che rendeva immortali.
Il prodigioso nettare giaceva nelle profondità dell’oceano di latte e  per estrarlo gli dei avrebbero avuto bisogno dell’aiuto dei danava, per  cui promisero loro una parte dell’ambrosia. Stretto il patto, la  montagna cosmica (che in questo mito è il monte Mandara) venne collocata  nell’oceano con legato attorno il serpente Vasuki, in  modo da ottenere una zangola (arnese per fare il burro, ndr). Le due  parti cominciarono a tirare il rettile, gli dei per la coda e i demoni  per la testa, facendo girare la montagna come un frullino, ma questa  cominciò ad affondare e allora Vishnu, assunta la forma di tartaruga,  scese nell’oceano per fare da base al Mandara.
 Durante la zangolatura emersero esseri e oggetti meravigliosi: la bellissima dea Lakshmi,  che divenne sposa di Vishnu; le Apsaras, ninfe celesti; Surabhi, la  vacca dell’abbondanza; il cavallo bianco; la luna; il gioiello kaustubha  che orna il petto di Vishnu; l’albero di parijata che  esaudisce i desideri, etc. Ma nel frattempo si era sprigionato anche un  velenoso miasma e Shiva, per salvare l’Universo, lo inghiottì  prontamente striandosi la gola di blu e meritandosi il nome di  Nilakantha (“Colui che ha la gola blu”). Finalmente emerse Dhanvantari,  il medico degli dei, con l’ampolla dell’ambrosia fra le mani. I danava  cominciarono a reclamare a gran voce la loro parte, ma Vishnu, assunte  le spoglie di Mohini, una splendida fanciulla, li  incantò con il suo fascino e distribuì l’ambrosia agli dei. Questi,  rinvigoriti, sconfissero i danava e divennero signori dell’Universo.
Durante la zangolatura emersero esseri e oggetti meravigliosi: la bellissima dea Lakshmi,  che divenne sposa di Vishnu; le Apsaras, ninfe celesti; Surabhi, la  vacca dell’abbondanza; il cavallo bianco; la luna; il gioiello kaustubha  che orna il petto di Vishnu; l’albero di parijata che  esaudisce i desideri, etc. Ma nel frattempo si era sprigionato anche un  velenoso miasma e Shiva, per salvare l’Universo, lo inghiottì  prontamente striandosi la gola di blu e meritandosi il nome di  Nilakantha (“Colui che ha la gola blu”). Finalmente emerse Dhanvantari,  il medico degli dei, con l’ampolla dell’ambrosia fra le mani. I danava  cominciarono a reclamare a gran voce la loro parte, ma Vishnu, assunte  le spoglie di Mohini, una splendida fanciulla, li  incantò con il suo fascino e distribuì l’ambrosia agli dei. Questi,  rinvigoriti, sconfissero i danava e divennero signori dell’Universo.
                       Suprema conoscenza
Il mito sottende numerosi significati simbolici. Per prima la vita,  racchiusa in potenza nell’oceano di latte, simbolo del fertile caos, la  quale richiede il moto per venire all’essere. Non solo, l’operazione  congiunta di deva e danava sottolinea come il dinamismo dell’esistenza  necessiti di forze polari per avere luogo. Il suo dispiegarsi, però, non  è frutto del caso, ma provvidenziale strutturarsi attorno a un asse  cosmico (in questo caso il monte Mandara), che ha la sua base nel  Divino, cioè Vishnu nell’aspetto di tartaruga.
Vasuki, il cobra policefalo, rappresenta le  potenzialità della natura e il suo distendere le spire simboleggia  l’attivarsi della manifestazione. Il veleno, ovvero la negatività, è  parte del processo vitale, ma la sua neutralizzazione è garantita dagli  dei. Lo esplicitano l’intervento di Shiva e ancora di più quello di  Vishnu come Mohini, che attribuisce il premio ai deva, poiché sono le  potenze della luce a essere incaricate di reggere il cosmo. Il  personaggio di Mohini racchiude una doppia valenza: provvidenziale per  gli dei e attrazione fatale, che svia e allontana dalla meta, per i  demoni. La bellezza, infatti, può essere iniziazione e salvezza oppure  confusione e dannazione: è la maturità spirituale che fa la differenza.  Così l’ambrosia (in sanscrito amrita ovvero “immortalità”) in effetti  non è l’elisir di lunga vita, bensì la suprema conoscenza che rende  divini.
                     Pratyhara ( ritiro dei sensi )
In alcuni Purana (le “Storie Antiche” fondamentali  per conoscere il mondo concettuale, mitico e rituale hindu, composte in  numero di 18 fra il III e il VII sec. d.C.), Bharata, ovvero l’India, viene immaginata distesa sul dorso di una gigantesca  tartaruga. Inoltre, uno dei Purana, il XV, porta proprio il nome di  Kurmapurana, in quanto fu rivelato da Vishnu in forma di kurma. In  seguito la tartaruga fu assunta come simbolo dell’uomo stabilmente  raccolto in se stesso e, nello yoga, venne associata al pratyahara, la  silenziosa introversione che convoglia l’attenzione all’interno del  proprio essere. In questa dimensione dello stare in sé e con sé si  sperimenta lo stato di unità e completezza che è l’indispensabile  condizione alla vera concentrazione e all’autentica meditazione.

 
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